Questa è la breve storia di Pinocchio che stava andando a scuola ma ha visto il teatro dei burattini, e allora ha venduto l’abbecedario per comprarsi un biglietto e assistere allo spettacolo. E mentre guardava quanto accadeva sul palco, esso veniva preso dall’emozione, ché l’arte della commedia gli pareva a lui congeniale; e poi quegli attori: non erano forse simili a lui? Lui e loro non facevano forse parte della stessa schiatta? Non dovevano forse dirsi fratelli?

Pinocchio si alza e si avvicina al palco, e si mette in bella posa, ma Arlecchino da dietro le quinte lo sgrida e gli dice di ritornare a sedersi, perché sta disturbando lo spettacolo, e Pinocchio torna al suo posto, deluso e mortificato.
Poi, quando tutto è finito, quando vede le carovane di Mangiafoco allontanarsi verso l’orizzonte, Pinocchio si chiede cosa deve fare, dato che la scuola ormai gli è preclusa, non ha amici o fratelli, e ha scordato la strada di casa. Così si siede angosciato sul ciglio della strada. Gli si fa incontro la sua coscienza ipertrofica, che è un grillo antropomorfo grande quanto un uomo, e per questo ripugnante. Il grillo gli dice: «Non lo sapevi che sarebbe finita così, Pinocchio? Tuo padre verrà tra poco a cercarti e, non riuscendo a trovarti, morirà da qui a pochi anni nel ventre di un’insostenibile demenza senile, e non vi riabbraccerete mai più. Mai più. Potessi almeno servire per il fuoco, Pinocchio, potessi almeno essere utile per la cottura di un montone! Macché! Dal tuo legno marcio non si ricaverebbe neanche la gamba per il tavolo di un pitocco». Allora Pinocchio lo caccia via e gli dà del menagramo ma, mentre il grillo fa per andarsene, Pinocchio lo scongiura di perdonarlo, ché non vuole restare da solo, seduto sul ciglio della strada, mentre fa sera e non passa neanche un ladro o un assassino disposto a impiccarlo. Ma il grillo già non v’è più, e Pinocchio si chiede se forse non se lo sia figurato con l’immaginazione.
Allora si accascia per terra, sul ciglio della strada deserta, e si addormenta. Sogna lo spettacolo dei burattini, sogna che Arlecchino e gli altri lo riconoscono tra il pubblico pagante, che lo chiamano fratello, che lo invitano a salire sul palco, tra grida di entusiasmo ed esternazioni d’affetto. Sogna tutta una serie di avventure incredibili, di personaggi improbabili e, proprio mentre sta vivendo la propria esaltazione personale nel sentirsi tutto pelle, carne e ossa come ha sempre vagheggiato di essere, Pinocchio si sveglia.
È notte fonda. Il buio è pesto. Il ciglio della strada duro. Tutto tace. Tutto è fermo e immobile. Tutto è reale.

Testo e disegni di Dario Faggella © 2024